venerdì 12 novembre 2010

I Manifesti Tecnici: Manifesto del Tempo Inoggettuale

I Manifesti Tecnici



Manifesto Tecnico del tempo Inoggettuale: la realtà artificiale
Giovanni Bonanno - Milano, Maggio 1990
 
La rapidità e l’accelerazione della nostra esistenza ha condizionato negativamente tutta la civiltà moderna. L’isolamento del nostro tempo da quello della natura, il movimento continuo e nomade dei nostri spostamenti è diventato un elemento essenzialmente “artificiale”, non più legato a quei ritmi (respiro, fasi delle stagioni etc.). Una volta si partiva per un viaggio, si percorreva un itinerario e si arrivava in un predeterminato luogo con una esperienza ben precisa dello spazio e del tempo, in una dimensione temporale che implicava la durata come elemento fondamentale per meglio conoscere il tempo. Ora con i nuovi satelliti in volo, con i mezzi di comunicazione come la televisione e i sistemi computerizzati si è assistito ad una contrazione totale di questi momenti. La dimensione spazio-tempo della terra e dell’universo si è contratta a tal punto da cedere il passo alla velocità della trasmissione televisiva in tempo reale. La velocità come nuovo assoluto dell’uomo contemporaneo ha modificato definitivamente la realtà e consolidato questo spostamento dalla materia alla luce, in una dimensione “immateriale” e inoggettiva, materializzata solo nel media della luce. Inoltre, la nuova mobilità sociale caratteristica dell’età post-industriale ha contribuito, decisamente,alla caduta dei valori estetici e allo sviluppo di un nuovo modo di vedere. Infatti, con gli sviluppi dell’informatica o delle telecomunicazioni si sta assistendo alla modificazione del nostro consueto senso del tempo. Sicuramente la “realtà artificiale” sta cambiando la percezione del mondo per una visione nuova dell’arte, un nuovo modo di vedere tutto improntato ad una realtà rimossa dalla materialità dell’oggetto che frequenta il concetto di assenza in un frenetico movimento di frammenti che con leggerezza e semplicità emergono e si dissolvono all’interno del campo visivo. Una visione che rifiuta la dimensione statica o la forma definita delle cose come punto di arrivo e che preferisce vivere una fase transitoria proprio perchè si presenta in conclusa come esatta rispondenza alla logica della natura. Una realtà che simula emozioni, analogie e movimenti in una frammentazione dello spazio carico di energia che si mostra nel suo transito veloce,come colta di sorpresa. In questa situazione lo spazio si forma e si trasforma in immagini nella immediatezza delle situazioni, attraverso le sue componenti variabili, possibili e nuove. La rappresentazione oggettiva del reale come unico scopo di rappresentazione non ha più niente a che fare con l’arte. Siamo contro la distribuzione univoca di elementi in uno spazio univoco. Siamo per un ritorno dell’immagine in frammenti, per la dislocazione, l’ingrandimento, il capovolgimento, la condensazione e lo spostamento del dato visivo. Non potendo comprendere il mondo e raggiungere una visione chiara del reale ci si avvia a sondare il luogo senza luogo, la natura senza materialità, lo spazio senza limitazioni, il tempo come pura essenza, l’oggetto come apparenza inoggettiva del reale. Siamo per un’opera priva di centro, senza l’adozione del soggetto al centro del mondo ma dentro uno spazio che va in frammenti, dove piccoli segnali sparsi si inseguono senza depositarsi in modo certo e risultano dislocati in modo da creare varie catene associative. In questa nuova visione, non più unitaria, ogni elemento può essere un centro. Una visione tutta impregnata di immaterialità lievitante che dilaga secondo una logica interna, costretta a vivere di soli riferimenti e frammenti senza peso che cercano accuratamente di evitare un carattere definitivo. Ne risulta un’accumulo di immagini frantumate e disseminate che definiscono un sistema che si sfalda e si ricompone continuamente, lasciando al passaggio segnali, tracce, frammenti di cose gonfie di mistero che tendono verso una contraddizione continua delle apparenze, in un gioco sfuggente di figure trascorrenti dentro una temporaneità che approda al silenzio dell’assenza. Una temporanietà che prolifera e si accumula in catene associative continuamente  contraddette, che si fa spazio e senso di rappresentazione.